Quando il mondo è perfetto

Summer Camp, perché andarci e perché ritornarci

Il mio nome è Marco. Sono da sempre un ragazzo che ama viaggiare ed a cui piace intraprendere ogni tipo di avventura. Tutti sanno, però, che il viaggiare e l’essere celiaco non vanno molto d’accordo. Io, testardo come sono, non ho mai voluto accettarlo. Ogni qualvolta potevo, prendevo armi e bagagli e viaggiavo. Che sia stato per un giorno, per una settimana o per un mese.

Ogni volta, però, la stessa storia: ad ora di pranzo mi veniva fame. Ma dove avrei potuto mangiare? E soprattutto, come sarei riuscito a trovare un posto che serve cibo senza glutine in un Paese che non conosco? Ed ovviamente la stessa storia ricapitava ad ora di cena. Uffa.

Come tutti noi celiaci ben sappiamo, purtroppo non si può campare solo di pollo ai ferri e verdura cruda, nonostante sia un ottimo piano B quando il ristorante in cui ci troviamo brulica principalmente di delizie glutinose e abbiamo proprio fame. Fortunatamente, negli ultimi tempi si è giunti ad un livello di diffusione della conoscenza della celiachia abbastanza ampio. Ciò ha portato sempre più ristoranti ad adeguarsi, ritrovandosi a fronteggiare una richiesta di cibo senza glutine sempre più frequente, anche se non sempre garantito. Non siamo ancora giunti al “mondo perfetto”, purtroppo, in cui ovunque si vada, e qualunque botteghino alimentare si scelga di visitare, si trovi sempre cibo senza glutine.

Bene. E se invece vi dicessi che quel “mondo perfetto” esiste? Basta strofinarsi gli occhi! Avete letto bene. Solo in particolari condizioni, ma esiste. Dura una settimana all’anno e prende il nome di “CYE Summer Camp”.

Una serie di fortunati eventi vollero che a 18 anni io avessi avuto la possibilità di partecipare al primo CYE Summer Camp della mia vita. Si tenne a Cipro. Inizialmente non sapevo che cosa aspettarmi. Ad essere sincero, a primo acchito non volevo nemmeno andarci. “Ma come Marco, ami viaggiare, lo hai appena definito ‘il mondo perfetto’ e stavi per non andarci?”. Sì, e stavo per commettere forse il più grosso errore che un adolescente celiaco potesse mai fare.

Mi buttai in questa avventura a capofitto, senza sapere a cosa sarei andato incontro e chi avrei incontrato. Passai una settimana memorabile: cibo senza glutine delizioso e ad ogni pasto, oltre ad essermi divertito come poche volte mi sia successo in vita mia. Ogni volta che mangiavamo, per abitudine pensavo: “Quella lasagna enorme sembra buonissima, che peccato che contenga sicuramente glu… Ah no aspetta, siamo al Summer Camp…”.

Essere senza pensieri riguardo cibo e glutine è stata veramente una goduria indescrivibile, tanto che, durante quei giorni, sembrava quasi che l’anormalità fosse il mangiare con glutine. Inutile dire che ho voluto ripetere l’esperienza ogni qualvolta ho potuto: dopo Cipro ho partecipato a quelli in Spagna ed in Olanda. Ogni volta che un Summer Camp finiva, mi dispiaceva andare via. Volevo che quella settimana durasse un mese, e poi un anno; volevo che non finisse più.

È comprensibile il fatto che un ragazzo celiaco e mangione come me scriva un articolo riguardo questi Summer Camp focalizzandosi maggiormente sul discorso del cibo, che pur essendo importante non è l’unico punto di forza di questa bellissima esperienza. Oltre ad essere il “paradiso culinario che ogni celiaco sogna”, ci terrei a parlare anche di un altro lato che caratterizza questo tipo di evento. Ogni anno in cui ci sono andato, ho avuto la fortuna di conoscere persone con le quali ho instaurato un legame veramente molto particolare, che ho avuto la cura di coltivare e rafforzare negli anni, prima solo all’interno dei Summer Camp, poi anche al di fuori dell’evento. Ciò ha permesso a me e agli altri partecipanti di creare una “rete” di amicizie europea, caratterizzate da etnie, culture e lingue differenti, ma accomunate tutte dalla battaglia giornaliera contro il glutine. Questa piccola maledetta proteina, che ogni giorno combattiamo.

Tanti celiaci direbbero che il glutine ha rovinato la loro vita. Io, per molti aspetti, posso dire che abbia migliorato la mia. Ragazzi, non fate la guerra. Fate i Summer Camp!

Marco Calzi

21 anni, frequenta il terzo anno di Ingegneria Elettronica ed Informatica all’Università di Trieste. Si sa che la celiachia può venire fuori in svariati modi, mostrando un’innumerevole varietà di sintomi che possono presentarsi in qualunque momento della vita di un individuo, quando una persona o i suoi familiari meno se lo aspettano. Generalmente la maggior parte di diagnosi di malattia celiaca viene evinta da sintomi strettamente correlati con l’apparato digerente, ma ciò comunque non toglie che possa manifestarsi in maniere totalmente differenti. Non posso dire che il mio caso fu inaspettato (avendo una familiarità che lo lascia pensare), ma cosa certa è che la mia celiachia si manifestò in maniera atipica. Avevo 4 anni. Qualche mese prima della diagnosi, iniziai ad avere periodi in cui non avevo fame, e di conseguenza non mangiavo. Quando ciò iniziò ad accadere di frequente e per periodi inaspettatamente lunghi, i miei genitori si insospettirono, in particolare mia madre. Dalle analisi del sangue, un valore anomalo attirò l’attenzione dei medici, quello delle “transaminasi”. Strettamente correlate con il fegato, il suo valore è considerato normale se compreso tra le poche unità e le poche decine. Il mio arrivava all’ordine delle centinaia. Transglutaminasi appena border-line e biopsia dell’intestino apparentemente normale accantonarono il sospetto di celiachia. Anzi, tutt’altro. I dottori pensavano avessi il “deficit di Alfa-1 antitripsina”, una patologia epatica trattata con il trapianto del fegato. Fissarono subito la data per la biopsia, in modo da confermarne la diagnosi. Spesso (molto spesso) non mi verrebbe da dirlo, ma ringrazio Dio per il fatto che mia mamma sia una donna tanto determinata quanto testarda. Così testarda da voler comunque mettermi in dieta senza glutine contro il parere di ogni medico, essendo convinta che io, proprio come lei, fossi affetto da celiachia. Un mese dopo mi fecero ripetere le analisi. Transaminasi quasi nella norma. Venne cancellata la biopsia al fegato e prolungata la dieta senza glutine. Celiachia, benvenuta nella mia vita. Sono cresciuto mangiando senza glutine, ed indubbiamente ci sono stati momenti in cui mi sono sentito a disagio o fuori posto a causa della mia malattia. Ma ciò non mi ha minimamente abbattuto. Ho sempre avuto l’intenzione di farmi valere contro chi la criticava, e di divulgarla con passione a chi ne chiedeva spiegazione. Ho però notato che ci sono persone sempre pronte a prendere in giro o a dubitare di questo problema. Ciò non mi ha mai rattristato, ma quanto più incuriosito sul perché. Grazie a mia mamma ebbi la possibilità di scoprire AIC e il lavoro delle persone che ne fanno parte. Per cui, compiuti 18 anni, diventai volontario nella mia regione. Ciò mi permise di lavorare attivamente per diffondere un’idea corretta della celiachia, perché ho sempre pensato che spiegarla e divulgarla idoneamente sia la chiave per far sì che le persone, che prima la criticavano e la prendevano in giro, ora la capiscano e la rispettino. Ma ciò che mi è sempre stato più a cuore è convincere chi ne è affetto che essa non è un ostacolo, ma invece un’opportunità, che nel mio caso, oltre a farmi conoscere persone con i miei stessi ideali, mi ha permesso di crescere e maturare come persona.

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Marco Calzi

21 anni, frequenta il terzo anno di Ingegneria Elettronica ed Informatica all’Università di Trieste. Si sa che la celiachia può venire fuori in svariati modi, mostrando un’innumerevole varietà di sintomi che possono presentarsi in qualunque momento della vita di un individuo, quando una persona o i suoi familiari meno se...

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