Ho scoperto di essere celiaca all’età di dieci anni ed all’epoca, non avendo ancora capito a pieno la situazione, l’unica cosa che mi interessava era quella di poter continuare a bere la coca-cola. Crescendo ho dovuto confrontarmi faccia a faccia con la celiachia, soprattutto durante l’età adolescenziale. All’inizio degli anni 2000 era ancora poco conosciuta questa patologia, perché di questo si tratta: una patologia autoimmune che colpisce l’intestino tenue. Ma quando hai quattordici anni ed iniziano le prime uscite con i tuoi compagni di scuola, vai a spiegarglielo cos’è la celiachia e che l’unica cura è mangiare senza glutine. Spesso, quando nominavi la parola celiaco venivi guardato come un alieno. Il periodo dell’adolescenza è stato un continuo confronto con me stessa ed in una qualche maniera la celiachia ha contribuito alla formazione del mio carattere. Per fortuna durante questi anni le cose sono cambiate e ormai questa patologia è conosciuta, più o meno bene, da tutti.
Definirei il mio rapporto con la celiachia semplicemente un odi et amo. Odio perché, specialmente durante l’infanzia e l’adolescenza, è stato un lungo e faticoso percorso quello di dover accettare un’alimentazione diversa dagli altri, il sentirsi dire spesso no tu non lo puoi mangiare oppure ci dispiace, ma ci siamo dimenticati di pensare al tuo cibo. Amore perché penso che dalle limitazioni spesso nasca qualcosa che non sarebbe accaduto altrimenti, è così è stato. Da circa un anno ho deciso di impegnarmi in prima persona al fianco dell’Associazione per cercare di migliorare sempre più la vita del celiaco, sensibilizzando sempre più persone sull’argomento. Grazie al volontariato ho incontrato nuovi amici con cui condividere questa esperienza e scoperto dei lati di me stessa che non conoscevo.
Per concludere posso sostenere con fermezza che se da un lato la celiachia può togliere, dall’altro lato, se riesci a trasformare uno svantaggio in vantaggio, può darti veramente tanto altro.